2000 parole. Al giorno. Tutti i giorni. Questo è l’obiettivo che mi sono posta da diversi anni, seguendo il consiglio di Stephen King: uno scrittore non dovrebbe mai perdere contatto con la propria storia, per farlo deve mettere una parola in fila all’altra ogni giorno. Ognuno è libero di quantificare l’obiettivo giornaliero, io mi sono assestata su questo quantitativo, altri avranno un altro metodo di misura.
Non sempre ci riesco, a volte è difficile avere la costanza, sopratutto con la baraonda della vita che ti scorre accanto. Forse non a tutti starà simpatico King e alcuni saranno in disaccordo con questo metodo. Però mi sembrava un buon titolo per descrivere la dedizione degli scrittori che passano ore davanti al pc, ogni giorno. Tutti i giorni.
Indecisa se iniziare o meno questa rubrica, alla fine ho dato ascolto al bisogno, alla voglia di condividere le varie tappe che mi hanno portato a scegliere la scrittura e l’editoria come professione a tempo pieno.
Corriamo sempre avanti, nel tentativo di agguantare la cima della nostra ambizione, lo facciamo trascinando la nostra stanchezza, i dubbi, l’impazienza di arrivare ai nostri obiettivi, A volte sembra di non arrivare mai, di essere in cammino da troppo tempo o, per assurdo, di non aver camminato affatto, perché la meta sembra distanziarsi di giorno in giorno. Inarrivabile, un miraggio pronto a dissolversi.
Eppure basta solo voltarsi indietro. Non per trovare le orme dei nostri rimorsi, ma per guardare il lungo sentiero tortuoso che ci siamo lasciati alle spalle, per essere consapevoli di tutte le difficoltà superate, della determinazione con cui siamo andati avanti. Esiste un momento, un preciso istante in cui bisogna avere il coraggio di farlo, di voltarsi e prendere consapevolezza di tutto ciò che è stato, e diventare più forti, più sicuri nell’affrontare la nostra strada.
Così eccomi qui, dopo anni d’incertezze e confusione, persino rabbia. Di dialoghi incompresi con me stessa e con gli altri. Di paure e delusioni. Oggi ho deciso di scrutare la via oltre le mie spalle. Di capire quanto è stata lunga e come sono arrivata fino a qui.
Per farlo non posso che iniziare da una domanda. Una di quelle che si trovano in una qualsiasi intervista dedicata agli autori. “Come è nata la tua passione per la scrittura?” “Quando hai iniziato a scrivere?”
Spesso occorre dare una risposta concisa in qualche paragrafo, diventa difficile spiegare il complesso meccanismo che c’è alle spalle di una decisione come questa. Per cui proverò a raccontarlo dall’inizio.
Non posso dirvi con esattezza il quando. Io non lo so quando la penna ha iniziato a muoversi sulla carta consapevole di quel che faceva. Posso dirvi il come ho iniziato a “immaginare”. Questo sì.
Gondrano il Cormorano è un libricino foderato di verde, con sopra l’etichetta con il mio nome scritto in stampatello, sotto quello di un’amica immaginaria, a cui avevo dato persino un cognome, e la dicitura “prima classe elementare“. Lo conservo ancora e l’ho persino portato durante qualche presentazione. Ha addosso i segni del tempo, la copertina è rovinata e le pagine sono ingiallite.
È in assoluto il primo libro che ho letto da sola. Con ogni probabilità abbiamo iniziato a leggerlo in classe con la maestra, ma poi ricordo di aver continuato da sola, forse diversi mesi dopo. Un’emozione che conservo ancora. Con fatica mettevo insieme le parole, rapita da quel rapporto solitario tra me e la pagina scritta, affascinata dalle immagini che si componevano nella mia mente. Provavo insieme a Gondrano, il cormorano pigro uscito dall’uovo in ritardo, la paura, le avventure vissute insieme a Sua Maestà il Gabbiano.
Un mondo vivido, che alimentava i miei giochi. E poi, un giorno, ho iniziato a scrivere la mia personale storia di Gondrano. Ma per me era solo un altro modo di giocare. Non sapevo cosa diavolo avevo appena messo in moto, però di una cosa ero certa: ciò che desideravo di più al mondo erano altri libri da leggere, altre storie in cui perdermi.
Gondrano è stato il punto di partenza. Molte altre sono state le tappe prima di arrivare alla “scelta” e con questo diario, se così vogliamo chiamarlo, ve le racconterò, per sfogliare con voi l’album dei ricordi e mantenere saldi i piedi sulla via.