E’ sempre difficile fare una recensione o parlare di un libro storico come “I re moschettieri”. Un romanzo che è entrato nel patrimonio comune di tutti. Da questa storia sono nate un’infinità di serie televisive e adattamenti cinematografici (purtroppo, per la maggior parte, si tratta di una storpiatura delle trama con americanate di dubbio gusto).
Insomma è davvero difficile non conoscere i nomi di D’Artagnan, Aramis, Athos e Porthos. Il merito di avermeli fatti incontrare è dell’ anime giapponese. Da lì il salto al romanzo per i bambini e poi ,dopo qualche anno a quello integrale, è stato breve.
Dire che mi sono innamorata dei personaggi è a dir poco riduttivo. Da questo romanzo nasce il mio amore per l’avventura e gli intrighi e probabilmente è stato complice nell’innescare la mia fantasia e indirizzarmi verso la scrittura di romanzi.
Alexandre Dumas inizia a pubblicare , a puntate, “I tre moschettieri” nel 1844 sul giornale “Le siecle” ottenendo un largo successo che ancora continua nei secoli. Dumas prende spunto per la sua storia dal capitano dei Moschettieri realmente esistito Charles de Batz de Castelmore d’Artagnan.
Ma che cos’ha di così speciale questa storia?
Difficile rispondere in maniera esaustiva. Prima fra tutti spicca l’amicizia. Il vero tema del romanzo. I quattro sono uniti da un profondo legame che sembra indissolubile. La vita e le vicende cercheranno più volte di spezzarlo (anche se questo è più evidente negli altri due romanzi) eppure l’amicizia resiste.
Abbiamo poi una buona dose di spensieratezza e comicità. Già dai primi capitoli diventa difficile non ridere. La sola presentazione di D’Artgnan in sella a un ronzino e disposto a duellare con chiunque lo guardi storto, strappa diverse risate, per non parlare poi del balteo di Porthos o del fazzoletto di Aramis
Abbiamo poi una forte caratterizzazione dei personaggi. D’Artagnan è un giovane spaccone,( guascone per essere precisi), con la faccia tosta e la spada veloce, ambizioso e sempre pronto a buttarsi nella mischia. Non fa della seduzione il suo argomento principale, ma non disdegna le avventure amorose che non gli mancheranno di certo.
Athos. Nobile e dall’animo tormentato, distrutto da un passato che lo costringe ad annegare i dispiaceri nell’alcol, è il padre della compagnia e prende sotto la sua protezione il giovane D’Artagnan.
Aramis, sciupafemmine per eccellenza, diviso fra la vita mondana da moschettiere e la vocazione dell’abate. Un duello interiore a tratti esilarante, con la vocazione che prende il sopravvento, guarda caso, ogni volta che si prospetta all’orizzonte una delusione d’amore.
Porthos è il gigante buono, gioviale e alla mano, arriva sempre per ultimo a capire i piani sottili degli altri tre, con un cuore grande tanto quanto la sua stazza.
Sul fronte dei cattivi troviamo il cardinale Richelieu sempre pronto a mettere in atto qualche piano per rinsaldare il suo potere. Un cattivo che tuttavia merita rispetto, malvagio sì, ma un avversario degno di tutti gli onori.
Milady de Winter. Ecco la donna fatale della trama. Seducente e pericolosa, vendicativa e implacabile, eppure nobile e carica di fascino. Si arriva ad odiarla, ma riesce difficile non ammirarla.
Sullo sfondo poi si muovono tanti altri personaggi, come Costance, la damigella in pericolo, Anna D’Austria, il capitano di Treville, Il re, Luigi XIII, Rochefort (meglio conosciuto come l’uomo di Meung), il duca di Buckingham.
Una menzione speciale meritano i quattro valletti dei moschettieri che vengono tagliati dalla maggior parte delle rappresentazioni cinematografiche e che invece sono parte integrante della trama e che non abbandoneranno i loro padroni nemmeno negli altri due libri.
Ognuno di loro ha delle caratteristiche particolari. Planchet, valletto di D’artagnan è ambizioso e scaltro come lui, Grimaud quello di Athos, è costretto al mutismo dal suo padrone ma sa il fatto suo. Bazin non fa altro che ricordare ad Aramis che il suo destino è l’abbazia e Mousqueton cerca di esibire le stesse dote estetiche in fatti di vestiti di Porthos.
Un romanzo pieno di intrighi, tresche amorose e azione in cui la fa da padrone la spacconeria dei moschettieri, ma anche il loro senso di lealtà verso il regno e fra di loro. Momenti esilaranti che si alterneranno ad altri molto più tragici carichi di pathos.
Difficile non rimanere stregati da questo romanzo.